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La storia
Le origini di questo aeroporto, situato a pochi chilometri dal centro abitato di Comiso, affondano le proprie radici nel periodo Fascista, verso negli anni del 1930 e poi in piena Seconda Guerra Mondiale. Le ragioni della costruzione di un’infrastruttura di questo tipo, a quei tempi, non potevano che essere “belliche”. D’altronde, questa parte della Sicilia, che oggi si affaccia alla grande opportunità della zona di libero scambio, è stata da sempre individuata dai popoli che l’hanno abitata come la più strategicamente idonea in ambito militare, soprattutto in merito a conflitti con il Nord Africa, essendo infatti il territorio più a Sud d’Italia, ma immediatamente a Nord del continente africano. Non a caso dalle nostre coste, ad esempio, in epoca precristiana sono partite le spedizioni alla volta di Cartagine durante le Guerre Puniche. Durante l’era fascista, le mire espansionistiche del Governo Mussolini imponevano innanzitutto un avamposto militare che potesse controllare Malta, allora britannica, e di conseguenza gli spostamenti della flotta inglese che da oltre un secolo “pattugliava” il Mediterraneo a vista sia da Gibilterra che dal Canale di Suez. Con l’Isola dei Cavalieri erano ben tre, dunque, le basi del Regno Unito in grado di rallentare le velleità di Mussolini. I vertici militari del Regime individuarono, come era prevedibile, proprio nella giovane provincia di Ragusa, la scelta migliore per volgere lo sguardo ai territori da conquistare in Africa. Dai tempi dei Romani, le esigenze belliche erano cambiate radicalmente e non si doveva pensare solo alla Marina Militare, ma a quel nuovissimo ed importantissimo strumento offensivo messo su con la nascita dell’aviazione. In questa circostanza, dunque, intorno alla metà degli anni Trenta, si pensò alla opportunità di realizzare, proprio nella nostra provincia, un aeroporto. Si cominciò così a discutere su quale comune fosse il più idoneo per una struttura di tale importanza. Un argomento che accese in un primo momento delle polemiche dai toni prettamente politici, ma che si tramutarono in “tecnici” quando le prime proposte (contrada Annunziata sull’altopiano ibleo all’interno del territorio Ragusano, sostenuta dal sen. Pennavaria, e Contrada Canicarao, ad un chilometro da Comiso, ma sempre all’interno del comune di Ragusa, scelta dai vertici dell’Aereonautica) furono bocciate perché troppo pericolose o insufficienti. Alla fine, la scelta ricadde su Contrada Cannamellito, zona situata a tre chilometri da Comiso, in aperta pianura, ma ricadente nel territorio comunale di Vittoria. I terreni, 146 ettari circa, furono espropriati alle famiglie Gioacchino Iacono di Vittoria e Nunzio Iacono di Comiso nonché della famiglia Caruso di Comiso. A metà del 1937, grazie dell’archeologo comisano di fama internazionale, Biagio Pace, deputato, vennero ridisegnati i confini dei Comuni della Provincia (Legge n. 952 “Modificazioni alle circoscrizioni territoriali dei comuni di Comiso, Ragusa, Vittoria, Biscari e Chiaramonte Gulfi, in provincia di Ragusa, e di Caltagirone, in provincia di Catania”) e Comiso guadagnò oltre duemila ettari, di cui 620 appartenevano a Vittoria: gli stessi 620 all’interno dei quali insistevano i lavori di costruzione dell’aeroscalo. Inutile dire che i vittoriesi non esultarono per questo risultato tutto comisano. Nell’estate del ’37, Mussolini venne in visita ufficiale in provincia ed ebbe contezza del fatto che i lavori, nonostante fossero iniziati da poco, procedevano con celerità. In quella stessa occasione una lastra di marmo, in seguito distrutta alla caduta del Regime, venne apposta sulla facciata del Municipio. Scolpita sulla pietra la scritta: “L’anno 1937, XV E.F., Mussolini spezzando la superstite servitù del feudo ampliava il territorio di Comiso destinata a sentinella avanzata del Mediterraneo”. Nel 1939, l’aeroporto viene ultimato ed intitolato ad un eroe siciliano dell’aviazione, deceduto il 27 giugno del ’36 a Lekempti (Africa Orientale Italiana): si trattava del generale Vincenzo Magliocco. L’inaugurazione è salutata da una manifestazione fascista, con la popolazione in festa e riunita al centro della città, in piazza Fonte Diana. L'ottimismo e l'esultanza dei comisani, però, erano destinati a durare molto poco. Nel 1940, Mussolini ordinò di attaccare l'Egitto, importante base britannica, aprendo così un altro fronte di guerra: il nord-Africa. L'esercito italiano fu ripetutamente respinto dagli inglesi che si spinsero in Libia, allora colonia italiana, occupandone parte del territorio. In ragione di ciò, l'anno successivo, Hitler decise di mandare in aiuto dei maldestri alleati un corpo speciale istituito proprio per la guerra nel deserto e affidato al comando del feldmaresciallo Erwin Rommel: l'Africa Korps ( si ricorda ancora la presenza nell'aeroporto di Comiso di alcuni reparti di questo corpo tedesco, diretti in Africa). Il "Magliocco", quindi, cui peraltro faceva capo una miriade di piccoli campi d'aviazione mimetizzati nelle zone adiacenti (contrada San Pietro, Mortilla, Gela e, piu' in la', Sciacca, Licata, ecc.) che servivano come depositi di munizioni, con l'intensificarsi delle operazioni di guerra in Africa, diventò uno scalo aeroportuale di grande importanza strategica, tale da non poter più sfuggire all'obiettivo degli aerei alleati. Le prime incursioni nemiche non fecero alcuna distinzione fra militari, giunti nel frattempo in numero sempre crescente, e civili. "Gli avvenimenti sanguinosi per la popolazione comisana - raccontava nelle pagine de La Sicilia l'allora giovanissimo cronista locale Lino Rimmaudo - portano due date che nessuno ancora dimentica: 26 maggio e 17 giugno 1943. Ecco, in breve, cosa avvenne quella mattina di maggio nel ricordo degli anziani: mancava poco alle 10,30 e il cielo sembrò oscurarsi. Uno spettacolo terrificante si presentò agli occhi della popolazione civile. Una quantità enorme di aerei, le famose fortezze volanti della R.A.F., disposti in formazione da combattimento, piombò sulla città, diretta verso l'aeroporto. A un certo punto gli aerei cominciarono a vomitare bombe ancor prima di giungere sulla verticale dell'aeroporto. Un vero bombardamento a tappeto che fece subito le prime vittime fra i civili, contadini principalmente, sorpresi a lavorare nei campi adiacenti alla zona militare. La contraerea oppose una tenue resistenza essendo stata colta di sorpresa, mentre moltissimi aerei vennero distrutti a terra ancor prima che potessero prendere il volo. I pochi che ci riuscirono furono decimati dai caccia nemici che scortavano i bombardieri inglesi. In pochi minuti l'aeroporto divenne un ammasso di rovine fumanti con corpi orrendamente mutilati sparsi un pò ovunque. Molte le vittime anche tra gli operai civili che lavoravano all'interno dell'aeroscalo. Quella data del 26 maggio 1943 segnò l'inizio della cosiddetta operazione Husky, il nome convenzionale con cui venne battezzata l'invasione della Sicilia da parte delle truppe alleate. Non erano trascorse poche settimane da quel tragico evento che la mattina del 17 giugno, alle 11,00 circa, se ne verificò un altro, ancor più micidiale e sanguinoso. I morti, stavolta, si contarono a decine e i feriti a centinaia, moltissimi fra la popolazione civile. L'aeroporto venne letteralmente "raso al suolo". Immediatamente dopo la guerra, si cercò di utilizzare la struttura aeroportuale per usi civili, ma il tentativo fallì: la LAI (Linee Aeree Italiane), che gestiva i voli di linea con Catania mediante un bimotore capace di ospitare fino a cinquanta passeggeri, dopo pochi anni "chiuse bottega". Questa infrastruttura, che poteva diventare decisiva per lo sviluppo, anzi, a dire dei politici dell'epoca, per il "decollo", dell'economia della provincia di Ragusa, in quanto avrebbe contribuito in maniera rilevante alla rottura dell'atavico isolamento geografico (e commerciale) di quest'area con il resto del Paese, rimase invece chiusa e in uno stato di completo abbandono, fino al 1965. Quell'anno, infatti, l'aeroporto fu riaperto. Quando un'altra società aerea, l'ATI, in quella lontana domenica di maggio, inaugurò la nuova linea Palermo-Comiso e viceversa, autorità e uomini politici della provincia, a bordo del Fokker 27, conversavano sulle fortune che si stavano aprendo per la provincia iblea: sviluppo dell'agricoltura, i cui prodotti avrebbero finalmente potuto raggiungere senza perdita di tempo i grandi mercati del nord; crescita dei turisti che, riversandosi numerosi, avrebbe inondato le soleggiate viuzze barocche del ragusano. Progetti, questi, forse molto ambiziosi, di sicuro troppo ottimistici. Non furono mai realizzati, purtroppo. L'aeroporto tirò avanti ancora per un pò, grazie soprattutto ai contributi dell'amministrazione provinciale, degli enti locali e della regione. Nel novembre del 1972, fu definitivamente chiuso al traffico civile. La linea era completamente passiva e l'ATI non era più disposta a mantenere quel ramo secco. Nei primi anni Ottanta si tornò a parlare dell'aeroporto di Comiso, ma con toni apocalittici, con espressioni di morte e devastazione che suscitarono paura. Agli inizi dell'agosto del 1981, venne diffusa la notizia che il Consiglio dei ministri aveva deciso di localizzare la base NATO a Comiso, presso il semi-abbandonato aeroporto che, poichè era destinato ad accogliere 112 missili Cruise a testata nucleare, sarebbe diventato la piu' grande base d'Europa. Da allora, fino agli accordi di pace tra USA e URSS del 1987, Comiso fu nel centro del ciclone massmediatico e meta dei pacifisti di tutto il mondo. Il perentorio arrivo di questi ultimi, così variopinti, così trasgressivi e anticonformisti, che si accampavano ai margini del "Magliocco" conducendo vita comunitaria e praticando il libero amore, di troupe televisive e di rampanti giornalisti in cerca di popolarità, certo lasciò perplessi e smarriti anche i più moderni ed emancipati dei comisani, che dovettero paragonare questa singolare invasione alla "venuta dei turchi". E la cosa non deve affatto stupire perchè la città, anche se dal punto di vista culturale ed economico era (ed è) ben lontana dall'iconografia tradizionale del "profondo Sud", non era certo paragonabile in quanto ad apertura mentale alle grandi metropoli del nord-Italia e meno che mai a quelle europee: si trattava comunque di un paesino dell'estremo lembo della Sicilia orientale! Nonostante gli accorati appelli di pace della gente comune e degli intellettuali di ogni credo politico e nazione, nonostante gli accesi dibattiti in piazza come nelle sedi istituzionali, nonostante l'eclettico e deciso (e utopistico) impegno dell' "esercito" pacifista (che, nell'agosto e poi nel settembre 1983, in occasione dei "blocchi nonviolenti" davanti ai cancelli dell'aeroporto, subì le rabbiose quanto immotivate cariche delle forze dell'ordine), e nonostante echeggiassero, come moniti, nelle viuzze del paese e, forse, nel riposto della coscienza di ognuno, il triste canto religioso del monaco buddista Morishita, simile ad una nenia, ed il suono cupo del suo tamburello battuto a ritmo regolare, i lavori al "Magliocco" continuavano senza soluzione di continuità e nel marzo del 1984 la prima batteria di 16 missili fu dichiarata operativa. |
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